Viaggiare con i bambini
Quello di viaggiare con i bambini è un discorso frequente tra genitori, soprattutto nell’era contemporanea dove tutti viaggiano molto più di quanto accadesse decenni fa e spesso nel discuterne si salta da un estremo all’altro senza tener conto di migliaia di fattori e sfaccettature intermedie tra gli estremi.
In questo articolo riporto info, consigli e impressioni legate alla mia esperienza personale di genitore, ma anche di quanto letto sui social o nelle domande che spesso mi vengono poste sul blog o sul forum di tripadvisor, ma anche banalmente con amici e conoscenti.
Nell’analisi delle fasce d’età mi fermerò all’età dei miei figli e aggiornerò nel tempo l’articolo parallelamente alla loro crescita e alle nuove esperienze che faremo.
Si può viaggiare con i bambini?
A qualcuno può sembrare una domanda stupida, forse lo è, ma nella realtà poi risulta essere una delle domande più ricorrenti e questo fa intendere quanti genitori probabilmente se la pongono.
Da parte mia la risposta è ovvia, unica e affermativa, ma non bisogna generalizzare perché esistono infiniti casi da valutare, in quanto stiamo tenendo conto di due parole dal significato molto ampio: “viaggiare” e “bambini”.
A chi pone la domanda “si può viaggiare con i bambini?”, dopo aver detto di sì, per poter dare qualche giusto consiglio, bisognerebbe chiedere di quale età si sta parlando, di quale posto del mondo, in quale periodo dell’anno, del tipo di viaggio e ovviamente dell’esperienza che hanno i genitori stessi relativamente alla preparazione e la gestione di un viaggio.
I genitori probabilmente sono uno dei punti chiave, così come lo stile di vita familiare e quindi la quotidianità alla quale sono abituati gli stessi bambini. Perché anche i bambini, in quanto essere umani, hanno i loro pregi, difetti, necessità, abitudini, attitudini e carattere. Una teoria unica che valga per tutti i piccoli, come se fosse una scienza esatta, è pura utopia e non solo per il discorso viaggio.
Se qualche genitore dovesse pensare che farli viaggiare significa spingerli a diventare viaggiatori in futuro, non dovrebbe esserne così certo. Per il bambino sarà un’esperienza abituale come lo è la scuola o lo sport e alla fine dipenderà tutto dalla natura umana del bambino, dai suoi interessi, dal suo carattere e di come reagisce agli stimoli. È ovvio che un bambino che prova interesse nei viaggi, avrà una marcia in più se vive in una famiglia di viaggiatori.
Ma quindi, si viaggia di più o di meno? Ha senso farli viaggiare già da piccolissimi?
Molti genitori raccontano che con l’arrivo dei figli hanno iniziato a viaggiare di meno o addirittura non più. Non è assolutamente vero e dipende molto dai genitori, da come hanno intenzione di vivere il viaggio, di quanto il viaggio abbia importanza nella vita familiare e nell’educazione/insegnamento che vogliono (o almeno vorrebbero) impartire ai propri figli. Poi dipende se e come viaggiavano prima di avere figli. Perché spesso quelli che dicono di non viaggiare con i bambini, non viaggiavano nemmeno senza o probabilmente confondono la loro vacanza nella casa al mare, con la parola viaggio.
È più veritiero dire che viaggiare con i figli, come tutte le cose, ha dei contro e dei pro. I contro sono le loro impellenti necessità, i tempi lenti, l’organizzazione assolutamente necessaria, mentre i pro sono le esperienze, la felicità, i ricordi e la sensazione di donare loro qualcosa di veramente speciale, che è quella di conoscere il mondo.
Per qualche genitore (come è successo a me) potrebbe diventare addirittura un fattore positivo, perché tra genitori e figli gli insegnamenti non sono unidirezionali, ma è uno scambio continuo e reciproco. Grazie ai bambini, pur continuando a pianificare minuziosamente i miei viaggi, ho imparato ad avere una maggiore elasticità al cambio di programma improvviso e soprattutto a visitare luoghi con tempi più rilassati, rispetto alle corse che facevo prima per vedere il più possibile.
Alla base della decisione di viaggiare con i bambini, penso che ci sia qualcosa di fondamentale, che è l’importanza in senso assoluto che ognuno di noi attribuisce al viaggio. E’ il nostro momento per rilassarci o per concedersi una vacanza? O quello per conoscere, capire, osservare?
Se il senso è quest’ultimo, allora cambia tutto, perché è come considerare il viaggio al pari dell’istruzione scolastica, dell’attività sportiva, dell’avvicinamento ad arte e musica o a una lingua straniera, cioè intenderlo come parte necessaria e integrante nella crescita di un individuo dalla nascita alla morte. In questo modo e per quel tipo di genitori, il viaggio diventa uno step necessario nel processo educativo.
Poi come accade per la scuola, c’è chi andrà all’università e chi si fermerà alla scuola dell’obbligo, o nello sport chi diventerà un atleta e chi si cimenterà al massimo in una corsetta amatoriale la domenica, però nessuno diventerà grande pensando che non gli è stato concesso di avere a propria disposizione e conoscere questa o quell’altra possibilità.
Come viaggiare con i bambini?
Viaggiare con i bambini non è certamente impossibile, ma non è nemmeno semplice, serve una buona dose di praticità, elasticità, pazienza e diciamocela tutta, anche una certa esperienza come viaggiatori, perché il bambino già da piccolo capta la padronanza che hanno mamma o papà nel gestire le situazioni e questo spesso è causa poi di pianti o di capricci. Senz’altro al ritorno, l’esperienza fatta, ripaga ampiamente il tutto.
È anche vero che nonostante non mi piacciano i genitori che si comportano come se i figli fossero calici di vetro che possono rompersi da un momento all’altro, trovo quasi peggio quelli che giocano a fare gli eroi portandoli ovunque e in qualsiasi situazione, spesso solo per vantarsi sui social di averlo fatto come se fossero supereroi. Per ogni viaggio come per ogni esperienza di vita, esiste il luogo e il momento giusto, però d’altro canto i luoghi dove è meglio non portare i bambini sono davvero pochi nel mondo.
Suggerimenti in base al mezzo di trasporto
C’è un mezzo preferibile per viaggiare con i bambini? Assolutamente no. Spesso sono stesso loro a preferirne uno anziché un altro, quindi il mezzo preferibile è dettato dal luogo dove dovete andare e dalla loro personale preferenza, che spesso è l’effetto anche di un’abitudine.
Auto
Nel viaggiare in auto è preferibile evitare le ore di punta quando c’è molto traffico, così come le ore con troppo sole d’estate, soprattutto se quel sole gli va dritto addosso. Quei parasole sui vetri laterali possono essere un’ottima soluzione quando sono molto piccoli.
In genere in auto i bambini tendono a dormire nei viaggi a velocità costante, sono seduti comodi e si viaggia all’alba o al tramonto. Se dovessero iniziare a piangere meglio fermarsi e tranquillizzarli. Guidare con un bambino che ti strilla nelle orecchie non è il massimo.
Ovviamente, inutile dirlo, seggiolini obbligatori direzionati nel senso corretto in base alle età.
Se dovessero soffrire l’auto, soprattutto quando ci sono le curve, meglio farli sedere col seggiolino posto avanti ed evitare le ore subito dopo aver mangiato.
Avere con se sempre acqua in abbondanza e qualcosa da mangiare, così come la presenza di un peluche o in generale di un giocattolo a cui tengono è un grande valore aggiunto per tenerli tranquilli.
Navigazione
Su navi molto grandi il problema è minore perché sono più organizzate, più comode, c’è la cabina e diverse attrazioni per loro così da tenerli impegnati.
Le difficoltà possono sorgere su imbarcazioni piccole come traghetti ed aliscafi, oppure motoscafi. In quel caso farli stare all’aperto può diventare pericoloso, quindi meglio nella zona interna e una posizione comoda che potrebbe farli addormentare. Come per l’auto, il mal di mare va gestito con le opportune modalità suggerite dal pediatra e tenendo conto di eventuali precedenti esperienze.
Aereo
In aereo spesso è più difficile gestire gli adulti che i bambini, anche se in generale la possibilità di leggere un libro o di guardare un film si riduce abbastanza quando si viaggia con bambini molto piccoli.
Fino a due anni non pagano il biglietto pieno e sono seduti in braccio al genitore con l’apposita cintura.
E’ sempre possibile portare gratuitamente passeggino o anche seggiolino auto che non rientrano nelle logiche del bagaglio da stiva o a mano. Ad ogni arrivo controllare sempre che il passeggino sia funzionante ed integro come alla partenza. Una foto prima di partire per dimostrarne lo stato non sarà una cattiva idea.
Dopo i due anni c’è posto a sedere anche per loro, con la relativa spesa del biglietto intero o scontato su alcune compagnie. I più irrequieti sarà una sfida tenerli seduti soprattutto in fase di decollo e atterraggio con la cintura. Durante il volo un gioco che gli piace li terrà buoni e sui voli brevi potrebbe intrattenerli per l’intero viaggio, per i voli lunghi invece c’è sempre un monitor dove non mancano cartoni animati e giochi interattivi.
Un consiglio banale che può rivelarsi poi importantissimo è quello di portarli a fare la pipì durante il volo anche se non lo chiedono esplicitamente, così da evitare una richiesta che statisticamente arriva sempre o durante le turbolenze o durante la fase di atterraggio, quando non possono alzarsi.
E in aeroporto? Come tenerli tranquilli? Un bel posto nel terminal che mostra la pista dove decollano ed atterrano gli aerei è un ottima soluzione per tenerli impegnati
Qualche info in più in questo articolo dedicato
Treno
Il treno probabilmente è uno dei mezzi più comodi per viaggiare con i bambini. Non impegna il genitore in altre cose come guidare, pur avendo un posto assegnato, a differenza dell’aereo, lascia la libertà (volendo) di poter star sempre in piedi e contrariamente all’auto, alla nave e all’aereo è più difficile che comporti cinetosi.
Tutti questi pregi nel mezzo su rotaie vanno però bilanciati con una salda organizzazione sulle cose da portare con se, sia da mangiare che come intrattenimento, soprattutto se si tratta di viaggi lunghi.
Come per gli aeroporti, anche le stazioni sono uno dei luoghi amati dai bambini e nell’attesa basterà mostrare loro i treni che arrivano e partono. Ma se già stavate pensando di mettervi a leggere o a guardare lo smartphone mentre loro si osservano intorno, state sbagliando strada. È meglio partecipare a questo rito, in modo che facciate da driver a domande, risposte e interazioni, altrimenti dopo qualche minuto inizieranno a pensare ad altro e a diventare meno gestibili.
In generale, prescindendo dal mezzo, per esperienza personale posso dire che la frequenza e l’avanzamento dell’età del bambino, aiutano abbastanza sia al miglioramento del comportamento dei piccoli, sia all’esperienza dei genitori che impareranno a giocare d’anticipo su tantissimi aspetti e sapranno come gestirli al momento giusto.
Fasce d’età
Un aspetto importante è sicuramente l’età, rispetto alla quale potrebbe sembrare scontato dire che le difficoltà diminuiscono col tempo. In generale è così, ma è anche vero che ogni età ha i suoi pro e i suoi contro.
Età pre-svezzamento
In questi primi mesi di vita i bambini sono molto piccoli e i problemi preponderanti sono le paure e le ansie dei genitori, soprattutto se si tratta del primo figlio. E’ un’età in cui si è più fragili e meno immuni, bisogna stare più attenti al troppo freddo e al troppo caldo, soprattutto quando si va in luoghi molto diversi da quelli in cui si vive. Questo non significa che non si possa andare in tali luoghi, ma sicuramente la soglia di attenzione da dedicarci è diversa rispetto a quella per un bambino di dieci anni. Anche perché non parlano e non sanno spiegarsi, quindi bisogna imparare a capire le loro necessità dall’atteggiamento o da un semplice pianto. Cosa che spesso non è semplice nemmeno a casa.
Però individuato luogo e periodo giusto, a quell’età tante cose potrebbero risultare molto più pratiche. Il loro cibo spesso è il latte materno, somministrabile in ogni dove e secondo le loro quotidiane abitudini. Inoltre si muovono in passeggino o in braccio ai genitori con un comodo marsupio.
Generalmente portandoli in giro, per la maggior parte del tempo dormono. Sono condizioni ideali per visitare città, musei e passeggiare, soprattutto dove le infrastrutture per farlo ci sono. Anche nello spostarsi coi mezzi, a parte l’aereo dove è consigliabile una visita pediatrica prima del terzo mese, l’auto, il treno e la nave diventano perfetti.
È anche vero che è l’età in cui il viaggio servirà a loro meno, perché a parte l’eventuale utilità per cui si abituano subito a particolari ritmi (ma potrebbe anche generare l’effetto opposto) e qualche foto ricordo, per il resto non ricorderanno nulla.
Dallo svezzamento al primo anno di vita
Aumentano i mesi diminuiscono le paure, anche perché i genitori iniziano ad essere abituati e più padroni del proprio ruolo. Anche in questo periodo si utilizzano passeggino e marsupi che permettono spostamenti abbastanza pratici, ma inizia ad essere necessaria un’organizzazione per la pappa.
L’organizzazione dipende dal tipo di viaggio e per viaggio intendo qualcosa che sia itinerante o che ci porta a stare per strada durante gran parte della giornata. Quindi non parlo di vacanze trascorse in un luogo stabile tipo residence o villaggio turistico, perché in quel caso è come stare a casa propria.
Le problematiche legate alla pappa durante il viaggio in quell’età sono relative al fatto che i bambini non mangiano le stesse cose dei genitori e quindi serve preparare solo per loro, ad orari diversi dai nostri e trovare il luogo giusto per permettere tutto questo.
Quindi a parte la frutta, si tratta sempre di pasti caldi e quindi serve anche un luogo per cucinarli.
E’ vero ci sono pappe già pronte, ma se un viaggio dura più giorni perché far mangiare roba del genere ai vostri figli?
Allora ecco che ci vengono incontro l’organizzazione, la volontà e l’informazione. Esistono scalda liquidi che si attaccano all’accendisigaro dell’auto o alla presa usb, che si rivelano utili durante un viaggio in auto. Mentre fornellini elettrici molto piccoli che spesso si ritrovano anche in albergo, ma acquistarne uno e portarlo con se non è una cattiva idea. Ed è così che vi ritroverete a scaldare pappa fuori ad un autogrill o a far bollire l’acqua per la pastina nella camera di un albergo.
In questo periodo, pur non avendo piena coscienza spazio-temporale, il bambino inizierà a mostrare le proprie curiosità per luoghi e cose che non fanno parte del suo quotidiano, facendo emergere anche la sua propensione o riluttanza a ritmi diversi, spostamenti e mezzi diversi dalla solita auto.

Due/tre anni
A questa età si alternano picchi di divertimento e coinvolgimento, con altrettanti picchi di difficoltà, aspetto che è una routine quotidiana anche a casa per questo periodo della crescita molto impattante sulla formazione del loro carattere e ricca di alti e bassi.
Allo stesso tempo problematiche e organizzazione per la pappa diventano un vecchio ricordo perché a questa età possono mangiare più cose e sedersi a tavola. Per cui sia un panino veloce per strada, sia un pasto al ristorante, diventano un momento di condivisione per l’intera famiglia.
Iniziano però nuovi problemi da gestire. Il passeggino non si utilizza più come prima, fino ad eliminarlo definitivamente e quindi i tempi di una passeggiata aumentano, così come le distanze diminuiscono. La possibilità di vederli dormire mentre passeggiate non è più plausibile, ma allo stesso tempo devono prima o poi riposarsi, quindi distanze, tempi e luoghi vanno condivisi tra grandi e piccoli facendo in modo che tutti siano soddisfatti e contenti.
Tradire le aspettative dei genitori potrebbe portarci a non voler più viaggiare, tradire quelle dei bambini significherebbe far pensare loro che il viaggio è qualcosa che in famiglia si intraprende solo per mamma e papà, portando nel migliore dei casi ad una loro triste accettazione passiva.
Per questo motivo bisogna coinvolgerli già nella preparazione del viaggio, facendoli sentire subito parte integrante se non addirittura protagonisti. La curiosità a questa età non ha limiti e farli incuriosire per quello che andranno a vedere, significa innescare scintille che sul posto diventeranno incendi.
Preparate i bagagli insieme a loro, meglio ancora se hanno un proprio zainetto da riempire. A volte basta mostrare loro la foto di un luogo o anche di un fiore o un animale se si va in un luogo naturale. L’immagine di quella foto non la dimenticheranno e quando avranno la possibilità di vederla dal vivo, dovrete solo osservarli e imparare da loro cosa significa ancora emozionarsi davvero.
Qualsiasi sia il viaggio, che sia una capitale europea, un viaggio itinerante o un parco naturale, è necessario pensare sempre ad un momento per loro, un luogo che gli possa piacere, dove possono interagire col luogo stesso e incontrare anche altri bambini. Perché se ci sono altri bambini allora si sentiranno a loro agio e si lasceranno coinvolgere, oltre al piacere di vederli parlare e giocare con i loro coetanei di luoghi diversi e lontani dai loro compagni di scuola.
Per questo motivo nella pianificazione sono sempre attento all’eventuale presenza di parchi avventura, parchi e mostre tematiche, ma anche semplici playground cittadini, dove poter fare una sosta durante la visita alla città e lasciarli correre e divertirsi per un po’ di tempo mentre si da un occhio all’itinerario.
Una delle difficoltà più comuni per i genitori in questa fase è poter intraprendere lunghe passeggiate senza dover utilizzare il passeggino e non è così insolito vedere bambini in passeggini che spesso non riescono più a contenerli. A parer mio non è una cosa da gestire direttamente in viaggio, ma va insegnata gradualmente nella vita quotidiana.
Se un genitore per qualsiasi spostamento quotidiano usa l’auto, può anche scordarselo di crescere un figlio abituato a lunghe passeggiate, non lo farà nemmeno a 20 anni.
Invece mostrare loro che l’auto serve solo per lunghi spostamenti e che il quotidiano corrisponde al “camminare”, non servirà dire nulla in viaggio, perché per loro quella passeggiata lunga è pura normalità e fa parte della normale routine quotidiana.
Oltretutto è anche utile per far capire a noi genitori fin dove i nostri figli riescono a spingersi e pianificare una visita della città in modo corretto e nei tempi corretti.
Alcuni consigli che possono risultare utili o che almeno lo sono stati per me:
– parlare loro durante la passeggiata e mostrargli cose e luoghi, sia per stuzzicare la loro curiosità, sia per far in modo che non stiano troppo a pensare che stanno camminando tanto
– preferire pernottamenti in zone centrali a quelle periferiche così da non doversi spostare troppo, magari alternando passeggiate a mezzi pubblici
– inserire qualcosa che a loro piace alla fine della passeggiata, quindi un parco, giostrine o anche una semplice sosta dolce/gelato. È il loro meritato premio e lo scorazzare nel parco di turno vi dimostrerà che poi non erano così stanchi come dicevano.
Dopo i quattro anni
Se i bambini hanno viaggiato abbastanza frequentemente e con diversi mezzi nei primi anni di vita, a partire dai quattro anni si iniziano a raccogliere i frutti di tanto impegno e sacrificio e probabilmente l’impegno e il sacrificio da affrontare sono tanto più grandi, quanto maggiore è l’età in cui si inizia a fargli vivere certe esperienze.
Tralasciando molte delle cose dette per la fascia due-tre anni, che continueranno ad essere valide, ora partire è per loro qualcosa che fa parte della normalità e ne diventano parte attiva dalla preparazione al viaggio stesso.
Ricordano cosa serve perchè gli è già servito la volta scorsa, conoscono i vari step di un imbarco in nave o in aereo, riconoscono i luoghi come aeroporti, stazioni, porti e il ruolo degli addetti ai lavori come hostess, steward, controllori, persone dell’equipaggio.
Certo sono pur sempre bambini, quindi richieste, litigi, capricci sono frequenti così come lo sono a casa, ma ciò che comincia a questa età è la consapevolezza di quello che si accingono a vivere.
In uno dei nostri ultimi viaggi, nonostante avesse già viaggiato in aereo sin dal primo anno di età, all’età di quasi 5 anni uno dei miei figli guarda giù dal finestrino dell’aereo dopo la fase di decollo e mi dice: “Papà ma stiamo proprio volando!”
Significa associare al volo qualcosa di meno ordinario di una passeggiata, qualcosa che l’uomo non fa per natura se non con un mezzo adeguato. E’ questa la consapevolezza di quanto sia speciale ciò che sta vivendo in quel momento. Di quel qualcosa di cui in quel momento è protagonista e che lui stesso potrà raccontare di aver vissuto.
Dopo i quattro-cinque anni, i bambini viaggiatori vogliono tenere in mano il biglietto, vogliono aiutarvi a portare le valigie, vogliono scattare una foto, vogliono sapere il nome del posto in cui sono e accostare una distanza più o meno immaginaria di quel luogo dalla propria casa.
Si va in aereo allora è molto lontano, si va in auto allora probabilmente è vicino. Poi vogliono accertarsi che sia così guardando una mappa o il mappamondo. Anche questa è sana consapevolezza.
Conclusioni
Tutto ciò chiaramente non è assiomatico e vale solo come strategia generale che alla lunga può portare ottimi risultati. Nei migliori casi di bambini super viaggiatori, non mancheranno pianti, lamenti, facce annoiate, capricci ed in quel caso la dose di pazienza dovrà raggiungere livelli top, ma è il prezzo che tocca pagare come genitori ed è giusto che sia così. Anche perché questo vale non solo in viaggio, ma anche a casa nella vita di tutti i giorni e il corretto bilanciamento dei compiti tra mamma e papà sarà fondamentale
Una fase importante è anche quella del ritorno a casa e dei giorni a seguire. Guardare con loro le foto e i video dei viaggi trascorsi, insegnargli giocando i colori e il nome delle bandiere, dei luoghi, di mari, montagne e luoghi famosi, mostrando col dito dove sono su una cartina. Per loro dire ad alta voce i colori di una bandiera e conoscere quei luoghi è un gioco divertente, che li rende orgogliosi di se stessi, li fa sentire grandi. Un giorno capiranno quanto hanno imparato senza faticare nemmeno un po’.
Per quanto mi riguarda direi che nella vita ho avuto più difficoltà con scarsi risultati a far viaggiare gli adulti, rispetto a quanto abbia dovuto impegnarmi per abituare due bambini.
Se il vostro ruolo di genitore viaggiatore sta portando risultati lo capirete presto. Il viaggio diventerà argomento anche dei loro giochi e in casa, improvviseranno partenze per luoghi di cui conoscono il nome, riempiranno sacchetti dicendo che sono valigie e una sedia diventerà un treno o una nave.
Questo non perché glielo stiate imponendo voi, ma perché attribuiscono a quei giochi le esperienze vissute e che vorrebbero rivivere ancora. Allo stesso modo noterete la loro gioia quando gli direte di preparare le valigie, quelle vere, perché si parte per un nuovo viaggio.
Anche tu viaggi con i bambini? Raccontaci qualche tua esperienza o qualche suggerimento che si è rivelato utile
Di seguito riporto i viaggi che ho intrapreso con i miei figli, segnalando mezzo utilizzato e la loro età, così che possiate chiedermi info o leggere il relativo articolo del blog
- Calabria on the road: camper – 8 mesi
- Valle d’Itria, Puglia: auto – 10 mesi
- Isole Eolie: aliscafo, 1 anno e mezzo
- Italia on the road (Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Liguria): auto – 1 anno e mezzo
- Lussemburgo e dintorni: aereo e auto – quasi 2 anni
- Mercatini di Natale in Alsazia, Germania e Svizzera: aereo e auto – 2 anni
- Val di Sangro (più volte): auto – dai 2 anni in poi
- Procida: traghetto – 2 anni e mezzo (primo viaggio senza passeggino)
- Castelli Romani: auto – 2 anni e mezzo
- Mykonos: aereo e auto – quasi 3 anni
- Mercatini di Natale a Budapest: aereo – 3 anni
- Bologna: treno AV – 3 anni
- Salento on the road: auto – 3 anni e mezzo
- Crociera mediterraneo: quasi 4 anni
- Umbria on the road: auto – 4 anni
- Crociera fiordi norvegesi e Svalbard: quasi 5 anni
- Sardegna meridionale: traghetto e auto – quasi 5 anni